Biblioteca - recensioni

La nostra biblioteca si presenta

A cura di Maria Teresa Guglielmetti

Aprile 2017


Rivista Soka 4.2016 n° 773


La margherita, un fiore dal profumo delle origini

Come lavorarla


Queste rare immagini ci mostrano due Moribana di Unshin Ohara con i vegetali disposti a fasce; in entrambe le composizioni è presente la margherita, a quei tempi un fiore ammantato di modernità e di esotismo. Oggigiorno nell’ikebana si impiega una gamma amplissima di vegetali provenienti da tutte le parti del mondo, la margherita, tuttavia, con la sua freschezza della semplicità è ancora molto popolare nella scuola Ohara, come si può vedere dalle due composizioni attuali illustrate qui di seguito. 
Questo fiore nella varietà Leucanthemum x superbum, reperibile quasi tutto l’anno dai fiorai, presenta però delle difficoltà nella lavorazione delle foglie. 


Hana-isho Taterukatachi (forma verticale)                        Shikisaimoribana (Color Scheme Moribana)


Come lavorare la margherita


La margherita Leucanthemum x superbum è un materiale con tanti steli collaterali e piena di foglie, che con il loro colore verde fanno risaltare il candore dei fiori. Nel riquadro è spiegato come lavorare la margherita con le sue foglie per valorizzare al massimo la sua bellezza.   
a)    Gli steli sono stati usati lunghi come in natura perciò presentano poche foglie
b)    Bisogna quindi utilizzare il fiore nudo e aggiungere le foglie.
c)    Se utilizziamo le foglie così, il verde è ancora insufficiente
d)    Bisogna assemblare il fiore con tante foglie unite.


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A cura di Maria Teresa Guglielmetti

Febbraio 2017

Ohararyu Bunjincho Ikebana, 1991

Testi di Ohara Natsuki, Kudo Masanobu e AAVV


Quest’opera fa parte di una recente acquisizione di libri della compianta Paola Rusca, architetto progettista dell’allestimento di tante mostre di ikebana della nostra scuola, nonché allieva ed assistente di Jenny Banti Pereira, durante gli anni “milanesi” della grande maestra.
La pubblicazione riveste un’importanza fondamentale per lo studio dei Bunjin Heika, Moribana e Morimono e, nonostante sia redatta in giapponese, è accessibile a tutti grazie alle bellissime fotografie.  


Bunjin Heika “Casa preziosa con colonna di pietra”
Magnolia gialla e umi in vaso di Nankino a sezione quadrata. Una pietra cinese accompagna la composizione.


Bunjin Heika di Koun Ohara. L’abbinamento della mano di Buddha (Citrus medica var. sarcodactylus) con il vaso cinese marchiato Ch’ieng-lung (1735-1796) e le rose mostra un gusto da letterato (Bunjin).

Le composizioni Bunjin hanno un legame profondo con la nostra scuola fin dalla sua origine. Il fondatore Unshin (1861-1916) e suo figlio Koun (1880-1938) erano assidui frequentatori delle riunioni del Tè Sencha* di origine cinese, molto in voga nelle epoche Meiji (1868-1911) e Taisho (1911-1925) tra l’intellighenzia che si richiamava alla figura del letterato-funzionario cinese, non nella sua funzione politica, impensabile in Giappone, ma nella veste di intellettuale raffinato dedito alle arti. I grandi eventi del Tè Sencha si tenevano a Osaka e venivano registrati in ogni dettaglio in cronache illustrate, che ora rivestono un’importanza fondamentale per lo studio dei Bunjin. Una riunione del Tè Sencha includeva la realizzazione di un Bunjin Heika, spesso accompagnato da un Bonsai, pure in stile Bunjin, da un cestino traforato contenente agrumi e da una  pietra. Per creare la giusta atmosfera in queste riunioni si eseguivano musiche cinesi oppure gli strumenti erano semplicemente esposti accanto alle composizioni. I vasi, le pietre e gli strumenti musicali erano rigorosamente cinesi, come nelle foto riprodotte in queste pagine. Grazie alla popolarità del Tè Sencha anche il Bunjin Heika conobbe una grande notorietà fra  gli intellettuali a testimonianza dello spirito dei tempi. A differenza degli stili Seika e Shoka, rappresentativi dell’era Tokugawa con le loro linee legate a regole rigide, diventarono fondamentali con il Bunjin il rispetto della naturalezza dei vegetali ed il significato assunto dalla loro combinazione volta ad esprimere un particolare stato d’animo.

*Tè Sencha scritto con l’iniziale maiuscola sostituisce la definizione impropria Cerimonia del tè Sencha. Per maggiori informazioni su questa terminologia cfr. la nota 1 della recensione del settembre 2016.



Bunjin Heika “Lunga primavera di ricchezza e nobiltà”
Vaso: Seiji con anse a testa di elefante. Strumento musicale cinese a due corde: Er Hu.

Bunjin Morimono Orchidea, zucche, rizoma di sagittaria, fungo

Bunjin Moribana
Celosia, Loto fiore e foglie, Equisetum hyemale. Vaso: Suiban di celadon color verde

Le traduzioni dal giapponese sono di Matsumoto Jun.

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A cura di Maria Teresa Guglielmetti

Novembre 2016 

La rivista Soka n° 789 e i cestini di Tanabe Shouchiku*



Le composizioni di Ohara Hiroki nelle prime pagine di Soka seguono ogni anno un tema, che costituisce il filo conduttore di tutti i fascicoli mensili. Il 2016 presenta gli ikebana dello Iemoto realizzati in ceramiche, sculture, lacche di artisti giapponesi contemporanei.  Nel corso dei mesi il lettore può conoscere e apprezzare una produzione artistica che mantiene le sue peculiarità, pur esprimendosi con un linguaggio non dissimile da quello dell’arte contemporanea internazionale. Tra le tante opere, tutte molto interessanti, i cestini di Tanabe Shouchiku III, discendente da una dinastia di artisti del bambù, si distingue per l’equilibrio tra innovazione e tradizione.

*Per i nomi giapponesi il cognome precede il nome

 

“La tradizione è una sfida. Accettando nuove sfide, si crea la tradizione”. 
Le parole di Tanabe Shouchiku riportate nel breve catalogo, edito dal museo Guimet nel 2016, in occasione dell’installazione Kokū (Il vuoto), esprimono il travaglio di tanti artisti giapponesi: la difficoltà di mantenere la tradizione e nel contempo rinnovarla.   
Una problematica che Tanabe risolve brillantemente operando su due versanti, che si integrano nel comune denominatore di una profonda adesione allo spirito della cultura giapponese. Da un lato la fedeltà scrupolosa al metodo antico della lavorazione del bambù, che inizia con la raccolta del materiale nella foresta,  coniugata con l’adesione, attraverso la tessitura a maglie larghe, alla filosofia wabi dei modesti cestini, utilizzati da Sen no Rikyū per i fiori del Tè.  Sull’altro versante Tanabe impiega il bambù in opere scultoree, che esprimono concetti fondamentali del pensiero giapponese, come  la monumentale installazione al museo Guimet di Parigi. Ancora Tanabe: “Kokū è uno dei cinque elementi che costituiscono tutte le creazioni dell’universo, cioè la terra chi, l’acqua sui, il fuoco, ka, il vento, fū e il vuoto, kokū.” Concetti questi divenuti parte integrante del pensiero giapponese, che ritroviamo espressi nell’ikebana e che sono basati sul pensiero cinese dei cinque elementi: metallo, legno, acqua, fuoco e terra e, relativamente al vuoto, sulla pratica della meditazione nell’India antica, antecedente il Buddismo.

© Riproduzione riservata

 
 
 
Tanabe Shouchiku: Kokū


Crediti fotografici: 
Ohararyu, Tokyo
Tanabe Schouchiku, Minamoto Tadayuki
Musée national des arts asiatiques – Guimet, Paris


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A cura di Maria Teresa Guglielmetti

Settembre 2016


Morte di un maestro del Tè


La Via del Tè (1) Chado è la più rappresentativa delle Arti tradizionali giapponesi per la sua sintesi di percorso etico ed estetico e per il coinvolgimento dell’architettura, dell’arte dei giardini, della ceramica, della lavorazione dei metalli e del bambù, elevate ai massimi livelli di raffinatezza ed espressività. Nel XVI secolo il Chado o Wabicha raggiunge la perfezione ad opera del maestro Sen no Rikyu (1522 – 1591) (2), al quale Inoue Yasuchi, uno dei più importanti scrittori giapponesi del XX secolo, ha dedicato un’opera fondamentale, che ho ritenuto importante recensire, anche se non è presente nella nostra biblioteca. A questo romanzo si è ispirato un film dal titolo omonimo, premiato con il Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia del 1989 e con la partecipazione del grande attore Mifune Toshiro nel ruolo di Rikyu.
Una delle tazze nere del ceramista Chojiro  Raku (?-1589) utilizzate da Sen no Rikyu    

(1)  Il termine  scritto con l’iniziale maiuscola indica il Wabicha e sostituisce la definizione impropria Cerimonia del tè, vedi anche La Cultura del Tè in Giappone di Aldo Tollini pubblicato da Einaudi nel 2014
(2)  Nell’indicazione dei nomi giapponesi il cognome precede il nome

Morte di un maestro del Tè presenta una narrazione lenta scandita dagli scarsi avvenimenti della vita del monaco buddista Honkakubo, assistente per tanti anni di Sen no Rikyu. Sotto questa superficie, appena increspata, scorrono forti correnti sotterranee, che costituiscono le tematiche del romanzo.
Inoue, profondo conoscitore della cultura giapponese del XVI secolo, presenta in modo approfondito l’ambiente del Tè nell’ambito degli avvenimenti drammatici che segnano la storia giapponese dalla fine del Cinquecento agli inizi del Seicento. Su questo sfondo emerge, con i toni discreti della narrazione di Inoue, il profondo dolore degli allievi di Sen no Rikyu che non si rassegnano per la morte del loro maestro e si interrogano sulle ragioni del suicidio rituale, dolore espresso simbolicamente dal nome Namida (lacrime)attribuito dal grande maestro Furuta Oribe al cucchiaio per la polvere di tè (Chashaku) donatogli  da Rikyu.
I valori di armonia, serenità, rispetto e purezza, che sono il fondamento e nel contempo gli ideali della pratica del Tè, strettamente legata alla meditazione Zen, informano tutte le pagine di questo indimenticabile romanzo e ne costituiscono il tema dominante. 

Cucchiaio di bambù per la polvere di tè (Chashaku)    


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Maggio 2016 

Storia delle religioni. Il Giappone


Segnatura biblioteca 221



Le numerose Arti Tradizionali, tra le quali si annovera anche  l’ikebana, si basano su insegnamenti custoditi gelosamente e tramandati oralmente per secoli. Questo sapere e la sua messa in pratica affondano le loro radici nella religiosità giapponese, com’è venuta a formarsi e trasformarsi nel corso del tempo: lo Shintoismo, la religione autoctona incentrata sulla venerazione dei Kami, entità sacre presenti ovunque sia nella natura, sia nelle creazioni dell’uomo, si è intrecciato con il Buddismo, la religione d’origine indiana, giunta in Giappone nel VI° secolo d.C., dopo aver accolto in Cina contributi taoisti e confuciani.


Hakuin (1685-1769) 
Ritratto di Daruma, ritenuto il fondatore 
del Buddismo Chan,
dal quale lo Zen ha avuto origine

Questo breve saggio è stato tradotto dall’Histoire des Religions, pubblicata da Gallimard nel 1970 a cura del Prof. Puech, uno studioso di fama internazionale. L’opera, ancora apprezzabile, si avvale del contributo di importanti nipponisti ed è organizzata per temi:  

Le credenze del Giappone antico. I riferimenti a passi del Kojiki e del Nihonshoki e a diverse poesie del Manyoshu ci accostano al culto dei Kami, ai miti, alla magia ed alle usanze prima dell’introduzione del Buddismo nel VI° secolo.

Il Buddismo giapponese. Sono presentate le varie scuole buddiste di Nara (710-784),  Heian (794-1185) e Kamakura (1185-1333). In quest’ultimo periodo storico lo Zen divenne il propulsore di un arricchimento spirituale e culturale originale che apportò, fino agli inizi del periodo Edo (1603-1867), contributi determinanti per la civiltà giapponese. Le Arti Tradizionali, nate dallo Zen, sono ancora praticate e hanno prodotto fino ad oggi opere rilevanti  in tutti i campi.


Raku Kichizaemon XV (nato nel 1949) 
Tazza per la Cerimonia del Tè, 1992

Il sincretismo giapponese. Getta luce sui rapporti tra lo Shintoismo, l’insieme di credenze autoctone, ed il Buddismo, a partire dai primi contatti tra le due religioni.  

Lo Shinto di stato. Nel periodo Meiji (1868-1912) venne creato, al fine di un asservimento della religione alla politica, lo Shinto di stato  con una distinzione per molti aspetti forzata tra questo e  le altre scuole shintoiste, formatesi nel corso dei secoli.

Le nuove religioni del Giappone. L’ultimo saggio tratta la nascita di nuove religioni dopo il 1945, un fenomeno molto diffuso in tutta l’Asia, ma particolarmente vistoso in Giappone.

Altri testi della nostra biblioteca sul tema:
Ciceri, Cristiano, Zen. L’insegnamento silenzioso, Hoepli, Milano 2011
Segnatura 241



Marzo 2016 

La rivista Soka e i tulipani

Siamo nel periodo di maggior splendore dei tulipani, un fiore facilmente reperibile da novembre fino ad aprile. Già per Natale sono comparsi sul mercato splendidi tulipani pappagallo, specialissimi quelli detti bucaneve, variegati bianco e verde, che ricordano per colore e precocità il fior di neve, foriero dei primi tepori primaverili.

Soka, la rivista mensile Ohara, nel numero dell’aprile 2014, insegna come lavorare il tulipano.




Il mensile Soka, edito dalla Scuola Ohara, presenta articoli di grande importanza per gli ikebanisti, fruibili anche se non si sa il giapponese: all’inizio le foto di composizioni di Ohara Hiroki e dei professori della Scuola, nelle pagine centrali l’esame di ikebana sbagliati e la loro correzione(1), e alla fine l’illustrazione, secondo criteri didattici, di composizioni di diversi livelli. Saltuariamente vengono pubblicati servizi speciali dedicati ad uno stile o ad un particolare problema compositivo.
La biblioteca dispone della raccolta completa della rivista dal 7/2001 fino ad oggi. 
Il numero 4/2014 illustra un Radiale visibile da un solo lato (Hirakukatachi Shomensei) con alcuni errori e la loro correzione. Nelle stesse pagine si insegna ad abbinare le foglie con i tulipani, un procedimento utile per tutte le composizioni nelle quali il fiore, utilizzato corto, presenta di conseguenza uno stelo impoverito delle foglie. 

La foto in alto a destra mostra il risultato finale: i tre tulipani del gruppo kyaku-shi di un Radiale visibile da un solo lato, abbinati alle foglie e visti di lato. Qui di seguito come si procede.
Foto in alto a sinistra: taglio delle foglie
Foto in basso a destra: foglie e fiori predisposti per l’abbinamento
Prima di inserire la foglia sul kenzan avvolgerla su un pezzo di gambo e fissarla con la guttaperca verde. 

(1) A partire dal gennaio 2016 il servizio dedicato alla correzione di una composizione errata è stato spostato dalle pagine centrali a quelle finali.


Gennaio 2016

La prima recensione rende omaggio alla grande artista, insegnante e storica dell’ikebana, Jenny Banti Pereira, recentemente scomparsa. Un sentimento di gratitudine anche a Donatella Cecconi, allieva di Jenny, per il lascito, acquisito alcuni anni fa grazie a Lina Taranto, di importanti testi di ikebana e cultura giapponese come l’opera presentata  qui di seguito.



Nelle prime pagine alcuni capolavori di grandi maestri tra i quali le due composizioni seguenti, che esprimono il profondo legame dell'ikebana con la
Houn Ohara, La terra pura. Paradiso buddhista, 1979
tradizione religiosa e artistica giapponese: Terra pura è il nome di una scuola buddista molto diffusa in Giappone, mentre la composizione dello Iemoto della Mishōryu, in sintonia con la tradizione sino giapponese dei dipinti corredati dalla calligrafia di un testo poetico, ricorda il distacco dall’Ego sia dal piacere sia dal dolore, al quale conduce la meditazione buddista.     
Bumpo Nakayama, scuola Mishōryu, La mia anima non si spaventa con i complimenti, non si spaventa con le cattiverie, 1977 



















Jenny Banti ha rielaborato per il pubblico italiano un’opera del grande maestro Ohara, Masanobu Kudo. La panoramica delle sei scuole più importanti è preceduta da una storia rigorosa e chiara dell’ikebana, redatta con la partecipazione profonda della studiosa, che è anzitutto artista. Una lettura interessante per tutti: esperti e neofiti.
Sono poi presentate composizioni, relativamente facili, con indicazioni pratiche per l’uso dei materiali e l’esecuzione, chiarimenti interessanti per conoscere le altre scuole, ma particolarmente utili per i praticanti Ohara: le spiegazioni del moribana alto e obliquo e dell’heika alto, obliquo e cascata sono ancora attuali. Gli ultimi capitoli sono dedicati agli utensili, ai sostegni, alle tecniche ed al condizionamento per prolungare la durata dei fiori.


Altre opere della medesima autrice disponibili nella biblioteca della nostra scuola:

  • Ikebana: Fiori viventi Club degli Editori 1963  Segnatura biblioteca: 24
  • Ikebana. Filosofia, religione, teoria dei fiori De Luca, Roma 196 Segnatura biblioteca: 189
  • Ikebana. L’arte meravigliosa di disporre i fiori De Vecchi, Milano 1976 Segnatura biblioteca: 291
  • Corso di Ikebana: L’arte di disporre i fiori De Vecchi, Milano 1991 Segnatura biblioteca: 117